Rosso

Non è voluta

e forte lancia visioni

Rosso come un debole persistente fuoco

e l’energia fluisce improvvisa come nei ricordi più disperati

al suono di monete d’oro gettate nel piatto

senza contarle

date date

e sorriso di passione e scuotere gli occhi e guardare

laddove nessuno vede e tutti insieme guardano

seguendo il dito

e grazie a chi ha risvegliato la corrente

adesso sulle pareti luci e scintille si scatenano

grazie ancora, davvero

Ora sui fiumi c’è vita

mongolfiere colorate a grappoli

e salti e mezzibusti

e sguardi costruiti bene, ma così bene

È quello che leggeva alla radio, ti ricordi?

Leggeva, lui e il suo vortice, e gli amici dietro

a inventare il mondo con lui

in caratteri cinesi

come se io avessi potuto

potuto essere così se non imitando

se non facendo miei

i loro aneliti

che poi più che sbarre e dolore, intellettuali del cazzo,

non hanno portato

Citazione, citazione

cose dette tanto tempo fa

una vita e mezza sepolta sotto le carte

E ora le carte prendono vita

Che vita, colonna portante

che vita parole e parole

che vita oggi

con un potente futuro in ogni piccolo dito

con galassie meravigliose in dentini e sorrisi

che vita oggi con un cuore che

avevo quattordici anni,

quattordici soli,

gonfio è rimasto per sempre

e vedo con questi occhi la finestra

vedo le tapparelle abbassate

finestre bianche di legno viste di traverso

mobili rossi

e una caverna enorme con mondi vicinissimi

avventure immobili come statue

E poi sono uscito

ho fatto finta

come nelle favole

un bimbo dice alla mamma esco ma torno presto

e davvero non si muove davvero dalla sua casa

Tutto quello che ho visto è qui

Tutto che ho fatto è qui, ora, con me

mi tocca una spalla con calore

Sono qui, mi dice

eh si, ti vedo, ti sento

ti sento sempre

prendo la mia strada e m’avvio

e l’energia fluisce m’accompagna

e forse solleva i miei passi

Sono qui, mi dice

come temesse ch’io non capisca davvero

ed è davvero così

anche oggi

che non c’è rosso che tenga

non c’è neve che intasa le strade a fermarmi

non c’è treno da prendere

che non possa tornare sui suoi passi

Togliti dico

togliti da qui dico

e m’incazzo come sempre

Basta davvero così poco per vedere

sentire bussare forte

e non chiedersi nemmeno chi è

perché lo sappiamo, vero?, lo sappiamo, chi è

aspettavamo soltanto di soffrire

di riaprire il vaso

inutile scrittore di dèi cretesi

ispiratore del nulla sul nulla

Soffrire, soffrire, l’ho detto

e non si torna indietro

ripeto più volte il suono ascoltando il ritmo che genera

e sento l’eco delle parole

soffrire

e sembra tutto più morbido

tutto più innocente

superato dagli eventi e dalla mano sulla spalla

Ti ho aperto le porte, non una ma tante

perché tante sono le tue facce

e nessuna delle soglie

è stata varcata

Seguivo la lentezza della voce

gli occhi alterati

senza troppa convinzione

e perdendo l’ispirazione, la voglia

il desiderio andare oltre l’istante

entrare nella vita

perché la stretta delle dita senza cuore

mi ricordava chi ero

e bodhisattva non posso più davvero essere

perché la vera natura

s’è rivelata

Passi nei corridoi ho subìto

come del resto addii

e congiunzioni astrali riportano tutto al via

Mi dio mio dio quando finirà

Non un uomo griderò, non un uomo

ma finalmente

Ma sia chiaro: la scadenza è annullata

l’universo che corre per casa

ha la precedenza

su qualunque volontà

L’airone, per capirci, è volato via

e quel vuoto dentro la testa

non è più mio

caro

non è più mio

Stringo la tua mano

verso la fine

ne sento le vene in rilievo

baci su una fronte fredda e sudata

emozioni non ricordo

emozioni che nemmeno la morte più atroce mi ha dato

che ha travolto vite

spazzato ragioni

emozioni non trovo

e per la madonna potrebbe essere questo

questo bicchiere

l’unico gancio nelle viscere

l’unica fonte d’amore

Vortice, sì vecchio, vortice descriveva bene

quella giostra di chiacchiere

ma non era tua

quella giostra di dolore

che solo più tardi

molto più tardi sperimentasti

Ebbene quel vortice t’ho preso

e l’ho fatto mio

perché alla miscela di cose

ho aggiunto il cerchio infinito che ruota

e ruota

e porta a piccoli passi verso un piccolo piccolissimo punto nello spazio

ritornando e ritornando

Come io giro intorno

alla verità.

È un’altra cosa, insomma.

Ma con lo stesso nome

***

Poi ho capito. C’è voluto un bel po’. Fatica, ricerche, stress. Ricerche, la parola magica. E musica, tanta musica nelle orecchie.  Non so se sorridere, essere contento o sentirmi come se avessi perso qualcosa.

Passi tanti anni della tua vita credendo di essere… sì, insomma, di avere qualcosa di tuo, ricordi, anima, personalità… tutto sbagliato, tutto diverso. Spunta fuori qualcuno che tu fa cucù e scopri che la tua vita è tutta un’altra cosa.

Ora ho capito, ma, credetemi, è stata proprio dura. Avreste dovuto vedere la mia faccia. Ah, ora ci rido, quasi.

Non ricordo molto bene com’è cominciato. E come potrei? A quel tempo non avevo ancora questa… memoria, chiamiamola così. No, non l’avevo di certo.

Ho avuto molto tempo, poi, per riflettere, per leggermi dentro, se mi passate l’ironia, e qualche conclusione penso di poterla proprio tirare. Anche se poi non sono io a farlo, ma è davvero la stessa cosa. Io sono io, questo è chiaro, ma non solo. Forse dovrei dire “lui” o “noi” o qualcos’altro, ma scelgo l’io.

Non è mia intenzione tenervi sulle spine. Ma è meglio arrivare alla verità per gradi, non come hanno fatto con me; un po’ alla volta. Davvero.

Ogni volta che ci si trova di fronte ad un’opera dell’ingegno umano, grande o piccola, si dovrebbe comprendere quanto essa segni una frattura, una novità, tra ciò che prima non c’era (l’ispirazione, intendo, o la materia organizzata in un certo modo) e quello che, infine, si ha. E l’infine indica tempi a volte veramente lunghi, quasi da purgatorio, come sapeva bene Ipa. Ma anche di questo avremo modo di riparlare.

Io credo che lo spazio infinitesimale che separa l’esistenza di un’opera completa da un’idea abbozzata ed incompleta sia lo stesso che separa due persone proprio mentre stanno per entrare in contatto tra loro, per incontrarsi, per scambiarsi una parola o un sorriso.

Sì, le opere dell’ingegno, tra cui le opere d’arte di ogni tipo, sono proprio come le persone: parlano, comunicano, si esprimono, hanno una data di nascita e di morte, cambiano col tempo, invecchiano. E si riproducono. Non come gli umani, purtroppo, ma generano, questo sì, generano per contagio, per vicinanza; seminano, emanano come un fluido o dei raggi che si spargono tutt’attorno, raggi strani, misteriosi, non sempre visibili…

Perché dico questo? Forse perché ogni essere umano è un po’ un opera, cioè qualcosa di unico creato con un atto di volontà esterno, proprio come ogni opera ha qualcosa di umano. Ha molto di umano, anzi.

Ma forse sto correndo troppo.

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