Il rapporto sulla spesa statale regionalizzata 2011

 

Lo scorso 17 ottobre la Ragioneria Generale dello Stato ha pubblicato i dati sulla ripartizione della spesa statale a livello regionale, relativamente al 2011.

Al di là del ritardo di quasi due anni con il quale il cittadino ne viene messo a conoscenza (probabilmente se tali dati fossero stati messi a disposizione prima delle politiche 2013, gli elettori avrebbero avuto qualche elemento in più per indirizzare il proprio voto), balza subito all’occhio una situazione paradossale: le regioni con PIL inferiore sono quelle destinatarie (in percentuale) dei maggiori livelli di spesa pubblica. Come dire che se ho 100 euro da investire in due società, ne metto 20 su quella in utile e 80 su quella in perdita.

Qualcuno potrebbe giustamente obiettare che lo Stato deve perseguire anche obiettivi di tipo solidaristico fra le differenti aree del Paese e che, per tale motivo, ne risulta un fisiologico sbilanciamento a favore delle regioni più deboli. Tale ragionamento è ovviamente condivisibile finché la sperequazione rimane entro limiti accettabili. Tuttavia, se andiamo a vedere i numeri, ci accorgiamo che ci sono regioni dove la spesa pubblica arriva al 26,54 del PIL ed altre in cui raggiunge 56,76, con una sperequazione del 114%. Tale diversità di trattamento sembra veramente intollerabile, soprattutto perché si tratta proprio di quelle regioni dove esiste il più elevato tasso di evasione fiscale (ogni 100 euro dichiarati se ne evadono più di 65, per cui viene da chiedersi se siano effettivamente aree tanto svantaggiate), quelle in cui la spesa sanitaria è completamente fuori controllo ed i servizi per i cittadini sono praticamente inesistenti, quelle in cui la criminalità organizzata vive di appalti pubblici.

Un altro elemento che lascia perplessi è rappresentato dalla composizione della spesa pubblica, vediamo qualche esempio:

12 milioni per spese per liti, arbitraggi, risarcimenti ed accessori: siccome le spese di giudizio vengono addebitate alla parte soccombente, significa che qualcuno all’interno delle amministrazioni pubbliche è stato pagato per lavorare male (evidentemente), ne è nato un contenzioso e l’amministrazione pubblica è stata condannata. Basterebbe che le amministrazioni dello Stato rispettassero le leggi dello Stato e si risparmierebbero 12 milioni in un botto solo!

37 milioni per spese relative al monitoraggio della spesa sanitaria: ma il concetto di amministrare con la logica del buon padre di famiglia non implica di per sé il “sapere come, quando e perché si spende”? Un amministratore che non opera secondo tali criteri non andrebbe immediatamente rimosso? Siccome l’attività controllo sulla spesa pubblica è demandata alla Corte dei Conti (che ci costa già 302 milioni), a chi sono andati questi ulteriori 37 milioni?

33 milioni per contributi per la ristrutturazione dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato: dal 2002 l’Istituto Poligrafico dello Stato è diventato una SpA; la Legge 17.5.1999 n. 144 prevedeva per tale ristrutturazione l’impiego di 20 miliardi di lire annui (a partire dal 2000) per 20 anni, pari a complessivi € 206.582,76. Come mai nel solo 2011 sono serviti ben 33 milioni di euro, pari al 15.874,23% in più rispetto al totale?

307 milioni per lo sviluppo del sistema informativo della Pubblica Amministrazione: la misura, in sé, potrebbe anche avere una sua logica, peccato che tale spesa, da sola, supera la somma di quelle per attrezzature e mezzi per le forze dell’ordine e vigili del fuoco (165 milioni) e per il Fondo per l’attuazione del Piano nazionale per l’edilizia abitativa (140 milioni). A mio modestissimo parere, le priorità andavano invertite.

Rino Lanzi

Dottore Commercialista e Revisore Legale dei conti 
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Tel. 0382 528462 – 0382523805
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