di Massimo Bertani
Il denaro è il pontefice. Il pontefice tra il nulla e il tutto, tra il materiale e l’immateriale, (anche) tra il desiderio e la sua realizzazione.
Il pontefice non chiede di essere capito. Chiede si resti nei confini della confidenza, dell’abitudine e del buon senso.
Oltre il confine, ritenuta superflua, se non addirittura disturbante, ogni comprensione delle funzioni del denaro ci si addentra nel tempio «où de vivants piliers/ laissent parfois sortir de confuses paroles».
Persa la bussola della funzionalità si vaga nella foresta di segni, simboli e significati di cui il denaro è prodigo.
Il denaro dal fragile corpo di carta, tatuato con i simboli del potere e del numero è un potente ispiratore. E così, uno che ha capito [1], ma veramente, cosa c’è dietro il denaro, ci spiega il vero dello swap [2] che il ministro greco Varoufakis ha recentemente proposto ai creditori europei.
Poiché «la Troika “prestava” ad Atene il denaro da passare immediatamente alle banche continentali, lasciando alla Grecia il compito di pagare poi il conto, più salato di prima», la proposta greca del (doppio) scambio è finalizzata ad emanciparsi dallo «scambio ineguale tra carta (credito) e patrimonio reale (imprese privatizzate, beni pubblici svenduti, denaro restituito) e a ristabilire l’equità di uno “scambio di carta con carta”». »L’idea di sommergere di carta» – annota ammirato il commentatore – «chi ti ha sommerso di debito è quasi geniale».
È la quasi genialità o la cattiva genialità che il denaro concede spesso e che rischia di evaporare in una notte o ancora peggio, di rivoltarsi contro il suo stesso creatore, ché di quella carta si nutre la sua gente.
Gente rimasta dentro i confini della confidenza, dell’abitudine e del buon senso, nelle cui mani quella carta diviene viva e generativa irrorando i capillari rinsecchiti della loro vite e dei loro traffici.
Purtroppo non serve a molto sapere come veramente stanno le cose se non a fissare lo sguardo su chi di quella carta ne sancisce beneficiari, quantità e direzioni.
Allora, come per miracolo, la “carta” diviene “liquidità” e il “torchio” diviene “rubinetto” e il potere da “tipografico” diviene “idraulico”.
«Per il vero poeta» – scrive Nietzsche – «la metafora non è una figura retorica, bensì una immagine sostitutiva che gli si presenta concretamente, in luogo di un concetto»[3].
Da “carta” cioè dal vuoto di valore, a “liquidità”, cioè al valore assoluto della possibilità stessa della vita: due metafore, due modi, due mondi che il pontefice unisce.
[1] Claudio Conti, Cancellare il debito con una valanga di carta, in “Tutti i colori del rosso”, 8 febbraio 2015.
[2] La Grecia ha proposto la trasformazione del debito verso EFSF in titoli indicizzati alla crescita e la trasformazione del debito con la BCE con titoli perpetui.
[3] Nietzsche, La nascita della tragedia.